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Sproloqui Letterari #1: Proposta, Raymond Carver













Prima glielo chiedo io poi lei lo chiede a me. Ognuno di noi
accetta. Non ci sono chiarimenti da chiedere. Dopo quasi
undici anni
passati insieme, sappiamo come la pensiamo e anche di più. E
anche
questo ritardo è ormai maturo. Adesso ha un senso. Immagino
dovremmo essere
in un giardino pieno di rose o perlomeno su una magnifica
scogliera
a picco sul mare, e invece siamo seduti sul divano, quello su cui
a volte
il sonno ci sorprende con il libro ancora aperto, oppure dove
un vecchio film con Bette Davis si sbobina
in un fascinoso bianco e nero: le fiamme del caminetto danzano
minacciose sullo sfondo mentre lei sale la scalinata
di marmo con un delizioso revolver
a canna corta, decisa a far fuori il suo ex amante, la pelliccia
che lui le ha regalato appoggiata con noncuranza sulle spalle. O
amabili e letali
coinvolgimenti! In un mondo del genere
esser fedeli.
Qualche giorno fa si sono chiarite diverse cose
sul fatto che non abbiamo davanti a noi tutti gli anni che
pensavamo di avere, Il dottore alla fine ha insistito sul «guscio»
che mi sarei
lasciato alle spalle, facendo del suo meglio per tenerci lontani
dal velo di
lacrime e tristi presagi. «Ma lui ama tanto vivere», ho sentito
una voce dire.
La sua. E il giovane dottore, senza neanche una pausa: «Lo so.
Mi sa che dovrete attraversare quelle sette fasi. Ma alla fine
si arriva all'accettazione.»

Dopodiché siamo andati a pranzo in un localino dove non
eravamo mai
stati prima. Lei ha ordinato manzo affumicato, Io una minestra.
Un sacco
di altra gente pranzava lì. Per fortuna però nessuno
che conoscessimo. Dovevamo organizzarci, col tempo che ci
stringeva
come una morsa, spremendo via la speranza per far spazio
all'eternità – una parola che mi faceva venir voglia di gridare:
«C'è mica
un egizio in sala?»

Una volta a casa ci siamo abbracciati e, senza
vergogna o circospezione, abbiamo lasciato che il senso si
compisse tutto. Era
la fine, perciò ogni scrupolo era per forza una stupidaggine, per
forza
una follia e una meschinità. Quanti riescono ad arrivare a
questo punto?,
ricordo di aver pensato allora. Fra non molto ci sarà bisogno
di una festa, una riunione, un coinvolgimento degli amici,
un giro di champagne e di
Perrier. «A Reno», ho detto. «Andiamo a sposarci a Reno».
A Reno, le ho spiegato, matrimoni e
rimatrimoni vanno avanti ventiquattro ore al giorno sette
giorni a
settimana. Non c'è da attendere. Basta dire «sì» e «sì». E se si
allungano
al prete dieci dollari di mancia, magari ti procura perfino
il testimone. Certo, anche lei le aveva sentite

quelle storie dei divorziati che gettano le fedi nuziali nel
fume Truckee e dieci minuti dopo marciano verso l'altare
con un nuovo coniuge. Non aveva anche lei gettato l'ultima
vera nuziale
nel mar d'Irlanda? Però per lei andava bene. Reno era proprio
il posto giusto. Aveva un vestito di cotone verde che le avevo
comprato a Bath.
L'avrebbe mandato subito in tintoria.
Ci stavamo preparando, come se avessimo già trovato la risposta
alla
domanda su che cosa rimane
quando non c'è più speranza: il rumore sordo dei dadi che
rotolano
sul feltro del tavolo, lo scatto secco della roulette,
le slot-machine che risuonano fino a tarda notte e un'altra,
un'altra possibilità ancora. E poi la suite che abbiamo prenotato.

Raymond Carver e Tess Gallagher. Non sapevo nulla di questa splendida coppia.
Avevo conosciuto e amato lui attraverso i suoi racconti, e ora ho cominciato ad amare anche lei, o per meglio dire quello che entrambi rappresentano.
Nella proposta di cui sopra c'è più o meno tutto quello che bisogna sapere.
Ray e Tess, dopo undici anni insieme, decidono di sposarsi. La proposta viene del tutto naturale: poche parole pronunciate una sera come tante, davanti alla tv, quando ormai entrambi si conoscono a tal punto da non doversi troppe spiegazioni.

O amabili e letali
coinvolgimenti! In un mondo del genere
esser fedeli.”

In un mondo del genere - il nostro ancor più del suo - un mondo in cui ognuno esige che l' avventura sia parte integrante della quotidianità, come se l'emozione del carpe diem fosse l'unica in grado di rendere la vita degna di essere vissuta, scendere così in profondità con un altro essere umano, una comunione spirituale di cui la fedeltà è solo un dettaglio, sembra un'utopia.

Dovevamo organizzarci, col tempo che ci
stringeva
come una morsa, spremendo via la speranza per far spazio
all'eternità”

Ray era malato e sapeva che non gli restava più molto tempo, come aveva detto il dottore.

Quando realizzi di essere a un passo dalla fine, quando il tempo stringe spremendo via la speranza per far spazio all'eternità – che immagine meravigliosa e intrisa di lacrime – è allora che sei costretto a organizzarti. Anche se, come Ray, hai sempre vissuto alla giornata, evitando i progetti a lungo termine, spendendo tutti i sogni e le energie giorno per giorno senza mettere da parte niente per il futuro.

Dio non voglia che sacrifichiate il presente per il futuro! Nel presente c'è giovinezza, salute, fuoco; il futuro non è che fumo e inganno! Appena avete vent'anni, cominciate a vivere!”

[Anton Cechov, il consigliere segreto]

Ray e Tess che leggono i racconti di Cechov e li commentano insieme. Ray e Tess che ne isolano alcune frasi e ne fanno poesie. Ray e Tess che condividono la passione per la letteratura e per la poesia, e per la vita che ne è il cuore pulsante.

L'inizio della fine porta con sé una serie di inevitabili riflessioni.

Quanti riescono ad arrivare a
questo punto?,
ricordo di aver pensato allora.”

Al punto di lasciarsi andare completamente, di mostrarsi in tutta la propria vulnerabilità; in quella stessa imperfezione che ci affanniamo a nascondere al mondo intero con le nostre maschere sapientemente costruite. Non sono molte le persone con cui, nel corso di una vita, riusciremo a spogliarci completamente, a metterci a nudo per quelli che siamo. C'è sempre una sorta di malcelato pudore nel mostrare la propria anima, l'essenza più profonda del nostro essere, qualcosa che non ha niente a che vedere con la vergogna dei corpi, che possono scoprirsi serenamente senza rischiare di rivelare nemmeno un pezzettino di ciò che abbiamo di più prezioso.

Decidono di sposarsi a Reno, Ray e Tess. Una scelta che, fatta da chiunque altro, mi sarebbe apparsa banale, ai limiti dello squallore, con la sposa sprovvista di un vestito da favola e di tutto l'armamentario richiesto e uno sposo smarrito, lontano dalla consueta solennità dell'evento.
Reno, come Las Vegas, è una fabbrica di seconde chance, di matrimoni celebrati su due piedi e di vincite al casinò che ti cambiano la vita.

Ci stavamo preparando, come se avessimo già trovato la risposta
alla
domanda su che cosa rimane
quando non c'è più speranza: il rumore sordo dei dadi che
rotolano
sul feltro del tavolo, lo scatto secco della roulette,
le slot-machine che risuonano fino a tarda notte e un'altra,
un'altra possibilità ancora. E poi la suite che abbiamo prenotato.

Gli ultimi versi danno i brividi.
Cosa rimane quando non c'è più speranza?
Le immagini del gioco, del tavolo verde, coi dadi che rotolano e la roulette che gira, sono soltanto un miraggio, il sogno di una vita migliore che ci appare tale proprio in virtù della sua estraneità alla realtà, o almeno alla nostra di realtà.
L'ultima frase “E poi la suite che abbiamo prenotato” ci riporta di colpo al presente, all'hic et nunc, che non ha bisogno di vincite milionarie per essere esattamente ciò che che vogliamo.

Uno sproloquio metaletterario, il mio, nato dritto dritto dalla commozione provata per questa coppia tanto unita e così affine dal punto di vista intellettuale e artistico.

Questa poesia, come tutte le altre che Carver scrisse nel corso della sua breve ma intensa vita, potete trovarla nella raccolta da poco ripubblicata da minimum fax, Orientarsi con le stelle.

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